martedì 11 giugno 2013

Rousseau

Rousseau è un filosofo svizzero-francese del 700, che pone una critica alla civiltà, il quale problema è la riconciliazione dell'uomo con la natura.
Nasce a Ginevra nel 1712 e i suoi studi riguardano la religione, la filosofia, la matematica e le scienze. Dopo aver vissuto per un lungo periodo immerso nella natura, scrive nel 1750 il "Discorso sulle scienze e le arti", con il quale vince un concorso bandito dall'Accademia di Digione per il premio dell'anno sulle scienze e le arti. Esso si compone di una Prefazione e di due parti. Nella prefazione rivendica il proprio diritto a pensare in modo critico e autonomo. Nella prima parte afferma che le scienze e le arti, lungi dal purificare i costumi, hanno contribuito a corromperli. I costumi sono superflui e hanno lo solo scopo di abbellire la realtà delle cose, con il fine di abituare gli individui ad apparire, piuttosto che essere. Infine la menzogna subentra al posto della verità e delle virtù. Pone un'antitesi tra la natura e la civiltà e infatti condanna la cultura in nome della natura. Nella seconda parte afferma che le scienze, invece che derivare dalle virtù, nascono da altrettanti vizi. Le scienze portano alla disuguaglianza sociale e alla perdita delle virtù etiche.
Nel 1755 scrive il "Discorso sull'origine e i fondamenti della disuguaglianza" che suscitò molte polemiche. In questo testo presenta lo stato di natura, rispondendo a un quesito posto dall'Accademia di Digione riguardo l'origine della disuguaglianza tra gli uomini. Afferma che per conoscere questa origine, bisogna prima conoscere l'uomo. Sostiene che il limite consiste nell'aver dipinto come modello ideale l'uomo civilizzato. Pone infine la teoria della legge naturale, nella quale l'uomo primitivo era capace di intuizione e deduzione.
Richiama al pensiero di Hobbes, che affermava la teoria dell'uomo-lupo, aggressivo e egoista, così com'è l'uomo civilizzato.
Nel 1761 scrive la Nuova Eloisa.
Nel 1762 scrive il Contratto Sociale, dove parla del patto tra i cittadini e nello stesso anno scrive l'Emilio. Entrambi i testi vennero condannati dalla Chiesa e bruciati. L'ultimo in particolare, condannato perché
contenente una dottrina che distrugge i fondamenti della Chiesa, turbava la pace degli stati e faceva ribellare i sudditi.

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